Credere

“…nostra madre pensava che il Diavolo fosse qui…ma lei non ci credeva, non ci ha mai creduto!”

“Non importa quello che si crede. Pensate che ad un lupo importi che voi crediate che sia un lupo eh?
Non se vi trova da soli nella foresta…”

“the Dark and the Wicked” 2015

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Un buon Diavolo

Michela voleva qualcosa.
Una cosa che sapeva bene che sarebbe riuscita ad ottenere solo attraverso una mia intercessione.
Si era fatta coraggio e si era lanciata.
-Ti prego, so di chiederti molto…- aveva detto con umiltà.
Mi stai chiedendo “veramente” molto.– avevo replicato.
-Lo so, ma so anche che con un tuo intervento posso riuscirci!- aveva replicato per indorarmi l’ego.
Mi dovrei esporre notevolmente e giocarmi carte che non potrei più sfruttare in seguito…– le spiegai.
Ed era vero. Si trattava di prendere un impegno notevole da parte mia.
Aveva sospirato.
-Se lo fai te ne sarò grata per sempre- sottolineò seriamente -potrai chiedermi qualsiasi cosa, in ogni momento…- si era sbilanciata.
-Non mi tirerò mai indietro su nessuna tua richiesta.- aveva dichiarato con convinzione.
-Se mi aiuti mi cambierai la vita.-
Vero anche questo.
Avevo lasciato qualche secondo di silenzio sospeso nell’aria (che ci volete fare, amo la teatralità) poi avevo risposto.
Va bene, lo farò.– sentenziai
Ma prima che si sbracciasse in sdolcinate manifestazioni d’entusiasmo avevo aggiunto.
Lo farò, ma tu non dovrai sentirti in debito con me, né sentirti in obbligo o in dovere di ricompensarmi in nessuna maniera. Mai.
Era rimasta senza parole, ma alla fine una domanda le era scivolata sottovoce dalla bocca.
-Perché?-
Perché sarebbe come fare un patto con il Diavolo.– avevo risposto sorridendo e facendole l’occhiolino.

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SELENE

Occhi di pece
sguardo di brace
Sospiro dolce
bocca che tace
Pensieri versati in coppa di vetro
sogni e rimpianti piegati all’indietro.

Liquida voglia
voluta e donata
Profumi intensi
sapore di fata
Orgasmi offerti al magico vento
promesse d’amore ad un fuoco spento

Giochi di donna
infantile e sicura
Cuore di luce
Anima pura
Luna splendente su raso nero
Natura svelata e profondo mistero

Attimi eterni
ed immagini ferme
Sorrisi rubati
che mi rendono inerme
Bisogno di avere, conoscere e amare
Bisogno di prendere, bisogno di dare

Pensieri raccolti in coppa di argento, ti guardo ed ululo il mio amore al vento

OMONERO
“poche parole scritte per un’amore del passato e ritrovate su un moleskine consumato “

PROIE

Non sono a caccia, anzi.
Sono diventato talmente pigro e selettivo da voltare le spalle con indifferenza alle opportunità facili.
Eppure.
Eppure mi ritrovo ad annusare l’aria, il grugno puntato verso l’alto, alla ricerca della fragranza calda e umida che solo una femmina può sprigionare.

Non sono a caccia.
Eppure.

Eppure mi sorprendo a spiare il mondo, a cercare quella certa luce negli sguardi; quella particolare espressione nei movimenti; quella nota ammaliante nella voce,

Non sono a caccia, no.
La brace è viva sotto la cenere e sonnecchia.

Eppure qualche volta sento il gorgoglio basso di un ringhio salirmi su per la gola

Non sono a caccia
ma l’Istinto Primordiale non può essere relegato in una gabbia.

Ora esco, ma un pensiero lo lascio a te.
Ai tuoi occhi e al tuo sorriso.
Un pensiero ed un bacio sulla nuca.
Alito caldo e saliva. Come leccare il volto di una preda.

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Ombre

A volte le affinità non bastano.
Anche se le alchimie sono quelle giuste, le empatie esasperanti e l’attrazione trascinante e disperata, basta poco perchè un sorriso venga scambiato per una sfida ed una frase accolta come provocazione.
Questione di tempi. Tempi e ritmo.
La nostra stessa esistenza si basa su pulsioni temporali e vibrazioni.
A loro dobbiamo il battito del cuore e la nostra consistenza e se si vibra su piani diversi si diventa intangibili agli altri e spesso anche invisibili.
E’ così che il coltello fende l’aria ed il vetro non riflette la sua consistenza.
E così quello che non si riesce a toccare (perché ci sfugge?) e a malapena si vede (vuole nascondersi?) si trasforma in qualcosa di incomprensibile ed ostile.

Forse in un altro tempo ed in un’altra dimensione….ma non ora e non così.

Quindi meglio il Buio.
Nel buio siamo tutti uguali.

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Reperti

Ormai erano stati dati per estinti, eradicati con brutale violenza in nome di un moderno concetto di ottimizzazione (di cosa poi?). Si sussurrava che ne fossero rimasti solo pochi esemplari sfuggiti alla violenta e rapace mano dell’uomo e sopravvivevano nei vicoli storici o in qualche angolo dimenticato da dio.
E invece….
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TADAAAAA’!!!

Me ne sono trovato uno a pochi metri da casa! 
Altro che anfora etrusca! Altro che tartufo Nero di Alba! in un giardinetto davanti la mia magione ho trovato in bella mostra il mitico “Nasone“!! (ho fatto pure la rima, ho fatto…)
Certo, riverniciato con una squallida passata di vernice grigio asfalto, ma è proprio lui, la “fontanella per eccellenza”, l’unica che può meritarsi l’appellativo di nasone e che si può trovare solo a Roma (non so ancora per quanto!).
Per maggiori informazioni in merito consultate qui

E la mia mattinata è cominciata con un sorriso…. Basta poco che ce vò!

in NERO

Amo vestirmi di Buio e lasciarmi avvolgere dalle Tenebre.

Quando scende la sera l’illusione dei colori svanisce, l’inganno della luce perde il suo potere e ciò che ti circonda prende una nuova forma, assume un altro aspetto.
Quello che fino a poco prima ti era familiare modifica i suoi contorni per dare spazio al popolo della notte.
Ma il buio non inganna, il buio non nasconde; se sai osservare con attenzione puoi scoprire piccoli segreti che il giorno cela distraendoti.

L’oscurità ti mostra nuove prospettive, crea magiche atmosfere, stimola la fantasia come farebbe un sogno, ma è tangibile e profumata e molto più reale di quel mondo sommerso da luce abbagliante che rende tutto cosi conforme e…scontato.
Se sai ascoltare sentirai i vicoli raccontarti le loro storie più antiche mentre carezzi le crepe sui muri; potrai godere dell’armonico gorgoglio delle fontane scolpite dai tuoi avi e le foreste si rilasseranno svelando leggende passate usando come voce il vento che sfiora i rami degli alberi o lo scricchiolio delle foglie che calpesti lungo i loro sentieri.

Amo tuffarmi e nuotare nell’assenza di luce. I rumori si attenuano, la folla sparisce, la gente cambia…e non sempre in peggio.
Posso osservare senza essere visto, consapevole che altri possono fare lo stesso con me.
La notte è mia amica ed io sono il suo fedele compagno.
La notte mi regala sempre qualcosa di nuovo, senza chiedere niente in cambio, donandomi una breve via di fuga dalla squallida, crudele, routine del giorno.
Quanti orrori vengono perpetrati quotidianamente sotto la luce del sole?
Eppure l’uomo continua ad aggrapparsi alla propria torcia di pece e catrame timoroso di qualcosa di invisibile.

Al buio non si diventa ciechi. Bisogna solo saper scrutare attraverso le pieghe dell’oscurità.

Venite con me, lasciatevi condurre nel NERO

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Chemin de Fer

Quante città.
Livorno, Crema, Napoli, Firenze, Parigi, Fabriano, Salerno, Amsterdam, Marsiglia, Trieste, Perugia, Nizza, Torino, Foggia, Berna.
E ad ogni posto associo un volto di donna, e ad ogni donna un nome.
Laura, Sophie, Ernesta, Gabriella, Maura, ZeeDee, Gisele, Silvia, Fabrizia, Claire, Adriana, Marcela, Titti, Manuela, Paola.
E di ogni donna ho un souvenir.
Un sorriso, un insulto, il sapore di un abbraccio, il calore di uno sguardo, un tatuaggio, quel certo modo di parlare, il neo in fondo alla schiena, il profumo di un peccato, una bugia o una piccola cicatrice.

Cento città, cento nomi, cento cuori.
E quanti chilometri ho macinato.
Quasi sempre in treno. Lasciando a degli sconosciuti il compito di portarmi a destinazione per concedermi il lusso di divagare e leggere, sognare e scrivere, immaginare e disegnare.
Gli aerei sono troppo veloci e guido solo quando sono nervoso o devo concentrarmi su un singolo pensiero. Il treno, invece, ha il giusto ritmo. Un soul tutto particolare.
Eurostar, Italo, regionali, intercity e transeuropei. E quando esistevano anche gli accelerati e gli espressi.
Ho viaggiato su tutto.
Accovacciato su scomodi sedili in legno, sprofondato (e sbronzo) sul soffie letto di un vagon-lit, appollaiato su un predellino, raggomitolato in una cuccetta di una carrozza a sei.

E se ricordo una donna, ricordo la sua città e rammento anche i treni che mi portavano da lei; lo scricchiolio dei vagoni in movimento, i rallentamenti in certi punti della tratta, le gallerie e lo sguardo liquido ed appannato della condensa che mi spiava dai vetri dei finestrini.
Notti gelide, afosi tramonti; la campagna sotto la pioggia e paesi bagnati dalla luce colorata di assonnate domeniche al gusto di primavera.

Cento città, cento nomi, cento cuori, cento stazioni.
Piccoli buchi dimenticati da Dio e dagli uomini con una panchina di pietra come unico ricovero ed un cesso rotto da decenni; opprimenti mausolei fin du siecle infestati da viaggiatori dai volti grigi e lo sguardo vacuo; moderne ed orripilanti sale chirurgiche, blasfeme quanto il mercato nel tempio; invitanti cucce per il viaggiatore stanco e confuso, semplici e familiari come la cucina di tua madre.

E in ogni stazione ho lasciato qualcosa di mio.
Un ombrello scordato, un rimorso masticato, un addio rifiutato.
Un pacchetto di caramelle in un cestino, una lacrima in un fazzoletto, una rivista letta, una pisciata su un muro.

Cento stazioni, cento treni, cento donne.
E ad ognuna di loro ho lasciato un pezzetto del mio cuore, ma loro…loro mi hanno regalato molto di più.

Sarebbe divertente se qualcuno un giorno sulla mia lapide scrivesse:
“Pendolare dei Sentimenti”