Settimana “NON…” – NON Guardare in Cantina

71+D4IPPtpL._SL1109_Don’t Look in the Basement aka The Forgotten
USA – 1973

cast: William Bill McGhee – Jessie Lee Fulton – Robert Dracup – Harryette Warren – Michael Harvey – Jessie Kirby
regia: S. F. Brownrigg
soggetto e sceneggiatura: Tim Pope
fotografia: Robert Alcott
musica: Rovert Farrar
durata: 89 min.

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cult mediaDVD VIDEO

VALUTAZIONE:
sufficiente 1/2
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La giovane ed inesperta infermiera Charlotte giunge nella clinica psichiatrica del dott. Stephen, dove viene accolta dall’infermiera Masters con due pessime notizie.
mastersL’originale terapia del dott. Stephens che si basava sul lasciare i pazienti liberi di circolare per l’ospedale aiutando anche nelle faccende che impegnavano il personale si era dimostrata decisamente fallimentare: infatti il dottore era rimasto ucciso a colpi d’ascia da uno dei ricoverati, mentre l’altra infermiera era stata strangolata da una delle malate solo per aver cercato di toccare il suo neonato (un bambolotto di plastica). Dimostrando un insolito (ed estremamente stupido) attaccamento al dovere Charlotte decide comunque di rimanere e riesce a convincere la reticente dottoressa a farsi assumere per aiutarla a tirare avanti la baracca. 
SGTDa questo punto in poi comincia una carrellata di personaggi a dir poco “bizzarri”
La ragazza conosce il sergente Jaffee da poco ritornato dal Vietnam e ricoverato per allucinazioni ed atteggiamenti violenti a seguito dei disturbi post-traumatici da stress, che se ne va in giro vestito da militare ad impartire ordini agli altri “coinquilini” e ad effettuare ispezioni a sorpresa nelle loro stanze.
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Poi fa amicizia con Sam un gigantesco omone di colore (nero – black brother)…non so più come definirlo per essere politicamente corretto… che a causa di una lobotomia adesso ha il cervello di un bambino di 10 anni e come tale si comporta.

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Non può, ovviamente mancare vecchia la pazza di turno Mrs. Callighan che non fa altro che straparlare e cincischiare frasi sconnesse condite di maledizioni e presagi di morte.
Poi c’è la ninfomane, alla continua ricerca di “affetto”, la paranoica affetta da maniache di persecuzione e l’immancabile vecchio, il Giudice Oliver Cameron che sa solo ripetere il suo importante ruolo nell’ambito della Giustizia e balbettare frasi prese da judge-3
sentenze da lui emesse in passato.
La solita carrellata di personaggi che ci si può aspettare in un serraglio del genere.
Contemporaneamente cominciano a verificarsi una serie di fatti di sangue che “dovrebbero” far intuire all’infermiera che forse c’è qualcosa che non “quadra” in quel posto…
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A Mrs. Callinghan viene mozzata la lingua, in uno stanzino viene trovato il corpo carbonizzato di un operaio della società elettrica ed una delle pazienti viene uccisa con un punteruolo conficcato in un occhio. 
Tutto questo sembra “sfuggire” all’attenzione della nostra adorabile infermierina che però perde il controllo quando una delle pazienti le rivela che la dottoressa Masters è in realtà una delle pazienti dell’istituto e che il dottor Stephens è ancora vivo e rinchiuso nella cantina (quella citata nel film).maxresdefault (1)
Presa dal panico (e sarebbe pure ora) Charlotte corre nello scantinato e libera il dottore che però si rivela uno “fuori come un vaso di gerani” come i suoi assistiti e lei per forza di cose deve ucciderlo.
Solo grazie all’intervento di Sam, Charlotte riesce a fuggire dall’istituto, mentre i pazienti con un sacrosanto gesto di ribellione fanno a pezzi la falsa dottoressa Masters.
Rientrato in clinica Sam fa una vera e propria strage dando una bella ripulita a quell’ambiente malsano. 

cap_DONT_LOOK_IN_THE_BASEMENT__Horror_Cult_Completo__ITA_00_22_13_04La mia opinione? Delusione ed un po’ di noia.
A parte il titolo fuorviante, il tutto si riduce si riduce in un chiacchiericcio primo di senso dei malati, ai loro strani comportamenti (del tutto prevedibili visto il posto dove sono ricoverati) e ad una completa assenza di atmosfera e suspense che dovrebbe essere la chiave di volta di una pellicola di questo tipo.
La recitazione non è poi così indegna e la regia non è malaccio ma lo splatter è praticamente latitante (a parte che nel finale) e, sinceramente, mi aspettavo molto di più da un prodotto targato AIP.

“Settimana NON…” – NON si Sevizia un Paperino

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cast: Tomas Milian – Florinda Bolkan – Barbara Bouchet – Marc Porel – Irene Papas – Antonello Campodifiori – George Wilson
regia: Lucio Fulci
soggetto: Roberto Gianviti – Lucio Fulci
sceneggiatura: Lucio Fulci – Gianfranco Clerici – Roberto Gianviti
fotografia: Sergio D’Offizi
musica: Riz Ortolani
durata: 103 min.

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VALUTAZIONE
buono

SETTIMANA “NON…”

EbhzKnuWsAMQOD2Strane cose succedono ad Accendurra (un piccolo paesino della Basilicata), ma si sa, la provincia nasconde più torbidi segreti delle metropoli.  
Ci sono cianare (streghe) (Florinda Bolkan) che disseppelliscono cadaveri di neonati per praticare riti esoterici, bambini che si mettono a spiare le prostitute a “lavoro” con i clienti e lo scemo del paese che si eccita a fare il guardone con le coppiette.  
Non-si-sevizia01A complicare il tutto si aggiunge la ricca e viziata Patrizia (Barbara Bouchet) in “esilio forzato” in quel posto dimenticato da Dio dal padre per farle sbollire i bollenti spiriti e stemperare gli atteggiamenti viziosi che invece sfoga esibendo la sua nudità e facendo proposte oscene ai ragazzini del posto per godere del loro evidente turbamento.
Ma qualcosa di ben più tremendo accade: nel buio della notte Bruno, un bambino del paese, viene inseguito nei boschi e brutalmente ucciso.
Il corpo non viene ritrovato, ma ai carabinieri giunge una telefonata anonima con la richiesta di 6 milioni di lire come riscatto per il rapimento.
La notizia si gonfia al punto che da Roma arriva il giornalista di cronaca nera Andrea Martelli (Tomas Milian) incaricato di indagare sul caso.
Le indagini dei carabinieri si fanno stringenti ed il “colpevole” viene presto trovato, scoperto mentre cerca di ritirare il riscatto e conduce i militari dove ha seppellito il corpo di Bruno. Si tratta di Giuseppe Barra, lo scemo/guardone che si proclama innocente ed ammette di aver trovato il ragazzo già morto e di averne occultato il cadavere allo scopo di fingere il rapimento e chiedere il ricatto. 
Portato via dalle forze dell’ordine sfugge a stento al linciaggio dei paesani.
tumblr_8cc2465ac0afcf2a39686f1155d2e0f8_7dcbbeef_500Il giornalista non sembra convinto della colpevolezza di Barra ed i fatti gli danno ragione. Il giorno successivo viene infatti ritrovato il corpo di un altro ragazzo affogato in una fontana di pietra. Gli abitanti di Accendurra cominciano a guardarsi con sospetto ed accentrano le loro attenzioni sia sulla cianara che sulla provocante e licenziosa nuova venuta.
Martelli continua le sue indagini, entrando in confidenza con il parroco Don Alberto Avallone (Marc Porel) che gli confida tutta la sua preoccupazione per le continue tentazioni a cui sono esposti i suoi giovani parrocchiani, tra riviste pornografiche, prostituzione e vizi come il fumo e l’alcol che sembra riescono a procurarsi con facilità.
EVdv9j8WsAALZAqLa conversazione tra i due viene interrotta da Patrizia che provoca entrambi giocando a fare la “puttanella” e accusando il parroco di ipocrisia ed il giornalista d’opportunismo.
Analizzando concretamente il comportamento della donna Martelli capisce che in fondo Patrizia è solo una ragazza come tante altre, annoiata dalla vita borghese costretta a vivere in città e che assume certi atteggiamenti solo per provocare il padre impegnatissimo uomo d’affari. 
La sera stessa Michele, uno dei ragazzi provocati da Patrizia con i suoi giochetti riceve una telefonata per recarsi ad un misterioso appuntamento nello stesso momento in cui Patrizia è al telefono di una cabina telefonica.
Quella notte Michele viene ucciso. Interrogata Patrizia mente dicendo di essere stata in viaggio tutta la notte e ai funerali di Michele, la madre del bambino comincia ad urlare di “avvertire” in chiesa la presenza dell’assassino proprio mentre la maciara fa il suo ingresso.
Rintracciata “la strega” grazie all’ausilio di una telecamera piazzata all’ingresso della chiesa la donna viene interrogata ed ammette in pieno delirio di aver ucciso lei i tre ragazzini perché l’avevano sorpresa mentre disseppelliva il cadavere del suo bambino morto misteriosamente anni prima (scena vista ad inizio film) e di averlo fatto con l’ausilio della magia nera. Dopo aver ascoltato la deposizione di un appuntato che aveva incontrato la maciara in un luogo diverso da quello degli ultimi delitti il magistrato la proscioglie da ogni accusa e la fa rilasciare.   
non-si-sevizia-un-paperino-florinda-bolkanGrazie alla telefonata anonima fatta dalla madre del parroco la folla inferocita scova la donna nel cimitero dove ha trovato rifugio e la uccide a colpi di pietra e di catene di fronte l’indifferenza dei presenti. Per quella gente ignorante e grezza la magia è stata la vera causa della morte dei tre ragazzi. 
Le indagini raggiungono un punto morto quando Patrizia confessa di aver effettuato la telefonata per contattare uno spacciatore di droga.
Chi è quindi l’assassino di bambini e che cosa ha a che fare con la testa staccata di un paperino di gomma (scena che non ho appositamente citato nella trama)?
La soluzione è già intuibile a metà pellicola, ma lascio a voi giungere alla conclusione.
I finali di un thriller non si raccontano mai.
Bastardo si, ma solo fino ad un certo punto!!
Non-si-sevizia-un-paperino-2Un cast di tutto rispetto per un film di tutto rispetto.
La storia è ispirata ad un fatto di cronaca chiamato all’epoca “la Strage degli Innocenti di Bitonto” dove tra il 1971 ed il 1972 vennero brutalmente uccisi 5 bambini e per quanto io ne sappia non si è ancora trovato un responsabile (sebbene molti furono i sospettati)

 
Lucio Fulci per me è sempre stato un grande punto interrogativo. Punto di domanda che non ha fatto altro che ingrandirsi dopo averlo conosciuto di persona (una decina di anni prima della sua dipartita) ed averlo frequentato in diverse occasioni. Lui stesso amava definirsi “Il Terrorista dei Generi” passando da commedie a thriller ad horror e sconvolgendone addirittura le trame.
Un regista capace di realizzare piccoli gioielli come questo “Non si sevizia un Paperino”, “Sette Note in Nero” e “Un Serpente dalla pelle di Donna” ad incomprensibili baggianate come “Il Diavolo nel Cervello” o “E tu vivrai nel Terrore…l’Aldilà” (tanto per citarne alcuni).
E’ pure vero che con il cervello non ci stava tanto…almeno quando lo conobbi io (il diabete lo minava da anni e l’abuso che faceva della cioccolata che adorava non gli era certo d’aiuto) eppure era capace di sfornare idee brillanti con piccole trovate geniali.
L’ho tanto amato quanto detestato.
Con questa pellicola ha realizzato una storia capace di toccarti nel profondo, accarezzando il tema della pedofilia (argomento proibitissimo in quegli anni) e quello di una lucida follia giustificata da una sorta di sacralità.
E qui mi fermo.


 

Pete Walker: L’Uomo dei Peccati Mortali – …E sul Corpo Tracce di Violenza

house_of_whipcord_xlgHouse of Whipcord
UK – 1974

cast: Barbara Markham – Penny Irving – Patrick Barr – Ann Michelle – Ray Brooks – Sheila Keith – Dorothy Gordon – Robert Tayman
soggetto: Pete Walker
sceneggiatura: David McGillivray – Pete Walker
fotografia: Peter Jessop
musica: Stanley Myers
durata: 101 min.


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Anne Marie (Penny Irving) è un’avvenente e disinibita ragazza francese disposta a qualsiasi “sacrificio” pur di fuggire dalla noiosa provincia dove vive e farsi strada nella vita. Caldeggiata dall’amica Julie (Ann Michelle) si avventura con successo nel mondo della moda riscuotendo consensi ed inviti a lavorare all’estero come fotomodella. Sbarcata in Inghilterra Anne Marie accetta di posare nuda per un servizio fotografico per poi rendersi amaramente conto di essere involontariamente incappata nel reato di “public obscenity”. Processata e multata la ragazza dovrà vedersela anche con l’ipocrita bigottismo della borghesia inglese che non perde occasione per criticarla e colpevolizzarla. Una sera, esasperata e stizzita dall’acidula ironia degli ospiti di una festa, la ragazza lascia il party in compagnia di Mark –un cognome, un programma – Desade (Robert Tayman) che le propone di terminare la serata nella sua villa dove avrà modo di conoscere anche il resto della famiglia.
L’accoglienza non si rivela delle migliori: la madre di Mark, Margareth (Barbara Markham) e il marito/succube nonché ex giudice Bailey (Patrick Barr) hanno trasformato la casa in una prigione lager dove rinchiudere tutte quelle ragazze che secondo la folle concezione della famiglia Desade, si sono rese colpevoli di reati contro la morale e che la Giustizia ufficiale non è stata in grado di punire in maniera adeguata.
house_of_whipcord8Così, dopo un rapido e grottesco processo casalingo, Ann Marie si ritrova detenuta insieme ad altre sventurate in casa Desade, dove la minima infrazione è una buona scusa per infliggere umiliazioni e pene corporali rivelando la natura sadica degli aguzzini.
07-1Il temperamento ribelle della ragazza non fa che inasprire sempre di più la situazione portandola alle estreme conseguenze: la condanna a morte.
Anne Marie fugge, ma una beffa del destino la fa ricadere tra le mani dei Desade ed anche Julie, contattata dall’amica fa la stessa fine. Il convivente di Julie tira le somme di tutti gli avvenimenti ed allerta la polizia che fa irruzione nella villa.
Ma è troppo tardi: la tragedia anzi, le tragedie, si sono consumate e non c’è salvezza o scampo né per le vittime, né per i persecutori.
Come quasi sempre accade anche nella vita reale.


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Un bel tipo Pete Walker, un uomo con una forma di “coerenza” tutta sua, che è riuscito a coniugare con placida ironia lungo tutto il percorso della sua carriera di regista e produttore. Inizia a dirigere nel 1968 esordendo nei sexploitation con  “The Big Switch”, una specie di spystory  ambientata nel mondo della pornografia tra donnine discinte e gangsters senza scrupoli e nonostante il perbenismo imperante in Inghilterra in quegli anni riesce a ritagliarsi uno spazio e conquistare una  fetta di pubblico, il che lo sprona a proseguire nella direzione scelta dando alla luce una serie di film ammiccanti mascherati da polizieschi o storie d’avventura.
Un primo cambio di prospettiva avviene nel 1971, con “Marianna, fuga dalla morte” (Die Screaming Marianne) con la conturbante Susan George; un thrillerino senza infamia né lode quasi del tutto scevro da nudità, ma che serve come palestra per il regista che nel 1972 ci riprova con “The Flesh and the Blood Show” (inedito) , quasi un giallo “all’italiana” rimpolpato con scene di sesso e nudo e ben farcito di personaggi ambigui e dalle personalità torbide.
l_12231112E mentre Pete “cresceva” qualcosa stava cambiando anche nel panorama cinematografico inglese. Dalla metà degli anni ’60 in poi la produzione di film horror nel Paese si era più che raddoppiata, questo grazie allo “sbarco” dell’americanissima AIP oltremanica  e alla nascita di nuove case indipendenti; così mentre industrie come l’AMICUS trovavano nuova linfa vitale e nuovi capitali grazie a coproduzioni con l’AIP, la Hammer iniziava una parabola discendente che la portò alla sua prima crisi. Il mondo cambiava ed il pubblico cercava nuovi stimoli che il rigido realismo fisheriano (Terence Fisher) non era in grado di fornire ed inevitabile fu l’avvicendarsi di nuovi sceneggiatori come Wicking e Clemens ed una pletora di nuovi autori tra cui Micheal Reeves, Gordon Hessler e, per l’appunto, Pete Walker.
Cambiava il modo di fare horror e Pete aveva la sua da dire.
Basta lunghi canini, mantelli svolazzanti, inquisitori folli e trasposizioni deformate di classici del romanzo gotico; la gente cercava la paura in qualcosa di più “moderno” e concreto; il pubblico cercava un’eccitazione che non si spegnesse una volta accese le luci in sala, ma che li seguisse per le strade di Londra e avesse la faccia del suo vicino di casa.
Con “…E sul Corpo tracce di Violenza” Walker traccia una linea ben definita, costruisce un impianto cinematografico che svilupperà fino al 1978 con “Chi Vive in quella Casa?”; una struttura filmica dove non esistono buoni o cattivi (perché in fondo tutti noi siamo colpevoli di qualcosa), ma solo vittime e persecutori e dove è la follia a farla da padrone e a dettare le “regole del gioco”.  In questo modo (anche se non lo ammetterà mai) si prenderà anche una rivincita nei confronti di tutti quegli ipocriti benpensanti che gli avevano messo (e metteranno) i bastoni tra le ruote (ma di questo avrò modo di parlare in un altro post).
frightmare796080 E così la disinibita (ed amorale) Ann Marie diviene il capro espiatorio di una moralità distorta e crudele, generata dall’esaltata follia di individui convinti di essere “unti dal Signore” ed autoproclamatisi braccio armato della Giustizia in funzione del ruolo di “prestigio” rivestito in società (lui ex giudice, lei ex secondina in un carcere femminile), ma colpevoli tanto quanto le loro vittime di aberrazioni morali…basti citare il voyeurismo di Mark e la morbosità del rapporto al limite dell’incestuoso che lega Margareth al figlio. “…E sul Corpo tracce di Violenza” strizza un po’ l’occhio ai WiP tanto in voga in quegli anni, senza tirare in ballo scene di sesso, ma concedendo agli spettatori discrete carrellate di tette e glutei durante ispezioni corporali, docce e fustigazioni, approfittandone per raccontare una storia di ingiustizia e soprusi in cui il meccanismo dello psichorror funziona alla perfezione caricando l’atmosfera di tensione in sincronia con lo svolgersi degli eventi.  Gli attori sono bravi e convincenti (e chi non lo era in quegli anni?), prima tra tutti Sheila Keith, attrice feticcio di Walker che comparirà in tutti i suoi film horror ed il racconto ha delle pennellate di torbido che ancora oggi mettono disagio ed inquietudine, ne è esempio concreto il finale (inaspettato per l’epoca).
In molti seguiranno l’esempio di Walker che anche se non si può definire il promotore di un certo modo di raccontare storie nere ne è senz’altro uno dei rappresentanti più di spicco e nei film a venire perfezionerà la sua personale miscela di sesso, violenza, morbosità e delirante follia.
Ma ne parleremo, o se ne parleremo…

corvi07